venerdì 1 ottobre 2010

UN PARLAMENTO PER UNA GRANDE PATRIA COMUNE

Tra poco, in tutti i 27 paesi dell’Unione europea, si voterà per l’elezione, a suffragio universale, del Parlamento europeo.
Dalla prima elezione, svoltasi nel 1979 e fortemente voluta dall’allora Presidente francese Valery Giscard d’Estaing, sono passati trent’anni e, in questa occasione, sempre più forti si sono sentite le voci degli euroscettici (fra tutte, quella di Angelo Panebianco sul “Corriere della Sera”), che affermano l’inutilità dell’istituzione o, quanto meno, della sua elezione diretta, a suffragio universale.
Eppure l’elezione diretta del Parlamento europeo (l’organismo esisteva anche anteriormente al 1979, ma era espressione dei Parlamenti nazionali) costituisce uno dei momenti più significativi del grandioso, ed anche faticoso, processo verso l’unità, politica e giuridica, dell’Europa.
Come ha scritto il giudice costituzionale Paolo Grossi nel suo volume “L’Europa del diritto”, il processo di integrazione europea è “grandioso perché si tratta della costruzione di un edificio imponente, che ha ricevuto via via sempre più numerose adesioni di Stati, faticoso perché si tratta di ridurre un arcipelago di isole statuali a un continente politicamente e giuridicamente compatto”.
Come si sa l’Unione europea è un tipo di organizzazione politica che non si inserisce perfettamente né nella dimensione internazionale, in cui pure storicamente nasce, né in quella statale, a cui sicuramente non è ancora approdata. Presenta elementi dell’una e dell’altra dimensione.
Alcune caratteristiche (che la giurisprudenza della Corte di Giustizia non ha mai mancato di mettere in luce) la fanno assomigliare agli ordinamenti statuali. Di contro, nelle riunioni del Consiglio europeo (l’organo politico che riunisce i capi di Stato o di Governo degli Stati membri), si percepisce la dimensione tipica delle organizzazioni internazionali, nelle quali gli Stati regolano, su un piano di parità, i loro affari.
Allo stesso modo, il Parlamento europeo è molto di più della assemblea consultiva di una organizzazione internazionale (come l’Assemblea parlamentare della NATO), senza avere, almeno per il momento, tutti i poteri tipici del Parlamento in uno Stato sovrano.
Nel succedersi dei vari Trattati europei, il Parlamento ha però conosciuto un progressivo accrescimento del suo ruolo e dei suoi poteri, sia sul piano dell’esercizio della funzione legislativa, sia su quello dell’esercizio di una funzione di controllo.
Il ruolo del Parlamento viene aumentato in modo apprezzabile dal Trattato di Lisbona, che, con ogni probabilità, è destinato ad entrare in vigore nel 2010, dopo che, nell’autunno prossimo, si terrà un nuovo referendum in Irlanda, il cui esito, per effetto del mutato clima politico, a seguito della crisi economica internazionale, si ipotizza positivo.
Il Trattato contiene un’affermazione particolarmente significativa circa la posizione ormai acquisita dal Parlamento in seno alle istituzioni comunitarie, là dove si dice che “il Parlamento europeo esercita, congiuntamente al Consiglio, la funzione legislativa e la funzione di bilancio” e si aggiunge che “esercita funzioni di controllo politico e consultive alle condizioni stabilite dai Trattati. Elegge il Presidente della Commissione”.
L’organizzazione del Parlamento europeo corrisponde a quella dei parlamenti statali grazie al potere di autoregolamentazione e autorganizzazione di cui esso dispone. Ogni due anni e mezzo, il Parlamento nomina il suo presidente che organizza e dirige i lavori parlamentari con l’assistenza dell’ufficio di presidenza – del quale fanno parte vicepresidenti e questori – e della conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari. Accanto all’assemblea plenaria del Parlamento, lavorano le commissioni parlamentari permanenti, articolate per materia (oggi ne esistono venti) e le commissioni temporanee, create in genere per compiti di inchiesta o indagine. Lo svolgimento dei lavori parlamentari dipende dai gruppi che vengono costituiti dai parlamentari europei dopo ogni elezione.
I gruppi politici tradizionalmente più forti del Parlamento sono quelli del Partito popolare europeo (che, nato nell’alveo della tradizione democratico-cristiana, si è poi allargato sino a ricomprendere varie formazioni politiche di centro-destra) ed il Partito socialista, cui deve aggiungersi il raggruppamento delle formazioni politiche di derivazione liberale e democratica.
A questi tre gruppi, presenti da sempre nel Parlamento e diffusi in quasi tutti gli Stati dell’Unione, si sono poi aggiunte varie formazioni, di destra e di sinistra, in prevalenza euroscettiche, ed i verdi.
Il Parlamento europeo che i popoli d’Europa si accingono ad eleggere non è, quindi, poca cosa. Né le elezioni europee possono essere soltanto un gigantesco sondaggio sugli orientamenti politici degli elettori, privo di rilevanza pratica.
Può divenire, se avrà la statura politica necessaria (che dipenderà dall’affluenza alle urne dei cittadini europei e dalla personalità degli eletti), il motore dell’Unione europea.
L’Unione europea ed i suoi problemi sono sovente sottovalutati nel dibattito politico. Eppure, come ha scritto un illustre giurista, Sabino Cassese, “l’Unione europea è il maggior successo nella formazione di un sistema di governo sopranazionale, dopo i grandi imperi del passato (il sacro romano impero, quello spagnolo, quello ottomano, quello asburgico, quello inglese).
Nessuna di queste grandi formazioni plurinazionali si è sviluppata in così breve tempo come l’Unione europea (passata in mezzo secolo da una associazione di 6 a una di 27 paesi e da una unione economica a una unione politica). Né alcuna di esse è stata il frutto – come l’Unione europea - di una libera e paritaria associazione di nazioni”.


(articolo pubblicato sul quotidiano "La Cronaca" nel maggio 2009)

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