venerdì 8 ottobre 2010

PERCHE’ FORMIGONI HA POTUTO ESSERE RIELETTO

Le elezioni regionali del 2010 verranno certamente ricordate per il caos verificatosi, nel Lazio ed in Lombardia (ma anche altrove), in sede di presentazione delle liste, caos che ha fatto, per qualche giorno, temere che l’esito delle consultazioni non fosse già nelle mani degli elettori, ma dei giudici amministrativi.
Ciò sia per la farraginosità delle procedure previste dalla vigente normativa, sia per il pressappochismo (unito ad arroganza) con cui le forze politiche si sono occupate delle delicate attività preliminari alla presentazione delle liste dei candidati.
Mentre nel Lazio la vicenda si è conclusa con la definitiva esclusione della lista del PDL della provincia di Roma (nonostante la pronta emanazione, da parte del Governo, del D.L. 5 marzo 2010 n. 29, subito denominato decreto salva-liste), in Lombardia la lista del Presidente uscente della Giunta regionale Formigoni è stata riammessa alla competizione elettorale prima dal T.A.R. della Lombardia e poi del Consiglio di Stato, e senza che trovasse applicazione il decreto.
Delle problematiche sottese alla esclusione e poi alla riammissione di Formigoni, vorrei occuparmi ora, anche per ribadire come la sua elezione non possa più, a mio parere, essere posta in discussione. Le sentenze del Consiglio di Stato, infatti, sono definitive.
Come i lettori ricorderanno, era stata contestata da parte dei radicali, la regolarità delle firme raccolte per la presentazione della lista di Formigoni, dubitandosi, addirittura, dell’autenticità delle medesime.
L’autenticità delle firme, tuttavia, non può formare oggetto di valutazione in sede di presentazione delle liste. Già nel 2005, infatti, decidendo la nota questione delle firme di presentazione della lista di Alessandra Mussolini, il Consiglio di Stato (Sezione V, ordinanza del 22 marzo 2005, n. 1419) aveva affermato che “per contestare l’autenticazione delle sottoscrizioni elettorali occorre accertarne la falsità nei modi previsti dalla legge”. In altri termini, perchè sia dichiarata falsa una sottoscrizione autenticata, occorre la querela di falso e non sono sufficienti semplici sospetti.
Il T.A.R. per la Lombardia, tuttavia, ha accolto il ricorso di Formigoni e della sua lista sotto un diverso profilo, senza valutare i motivi di esclusione. Ha ritenuto, infatti, che, secondo l’articolo 10 della Legge 17 febbraio 1968 n. 108 (come modificato dall’articolo 1, comma 11, della Legge 23 febbraio 1995 n. 43), non fosse possibile che una lista non ammessa (i radicali) ricorresse contro una lista ammessa (quella di Formigoni).
La decisione del T.A.R. per la Lombardia (sentenza del 9 marzo 2010 n. 560) è stata confermata dal Consiglio di Stato (sentenza del 22 marzo 2010 n. 1640). Il Consiglio di Stato ha ritenuto, come il T.A.R., che, nella specie, non fossero ipotizzabili rimedi di natura amministrativa (gli uffici elettorali, ancorchè composti da magistrati ordinari, sono organi amministrativi), potendosi solo impugnare le operazioni elettorali, davanti al Giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 83/11 del D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570. La soluzione adottata dai Giudici amministrativi non è del tutto convincente. Il cosiddetto ricorso dei radicali, infatti, ben poteva essere inteso come istanza di autotutela. Il potere di autotutela è definito come la capacità riconosciuta dall’ordinamento alla Pubblica Amministrazione di riesaminare criticamente la propria attività in vista dell’esigenza di assicurare il più efficace perseguimento dell’interesse pubblico, ed eventualmente correggerla mediante l’annullamento o la revoca di atti ritenuti illegittimi.
Il potere generale di autotutela, da sempre ritenuto esistente dalla giurisprudenza e dalla dottrina, è stato, in anni recenti, codificato dalla Legge 7 agosto 1990 n. 241.

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Ma su Formigoni (e su Errani, rieletto Presidente dell’Emilia Romagna) sembrerebbe pendere una spada di Damocle ben più seria, l’ineleggibilità, essendo egli già stato eletto per due mandati consecutivi. Il problema è stato posto, oltre che dai radicali, anche dall’UDC. Ne ha parlato anche un lettore, scrivendo a La Cronaca qualche giorno fa.
Anche su questo punto, si deve fare chiarezza.
L’articolo 122, primo comma, della Costituzione (nel testo introdotto dalla Legge costituzionale 22 novembre 1999 n. 1), prevede che “il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi”.
Le norme di attuazione di tale disposizione costituzionale sono state introdotte con la Legge 2 luglio 2004 n. 165, il cui articolo 1, primo comma, lettera f), dispone la “previsione della non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia”.
La Lombardia e l’Emilia Romagna non hanno, tuttavia, ancora adottato le norme di attuazione fondate sui principi individuati dalla legge statale.
Secondo la giurisprudenza (Cass., Sez. unite, 25 luglio 2006, n. 16898) che ha avuto modo di decidere un caso riguardante la Regione Veneto, se la Regione non ha ancora adottato norme intese a disciplinare autonomamente la materia, ai sensi della Legge 2 luglio 2007 n. 165, continuano ad aver vigore le cause di ineleggibilità previste dall’articolo 2, primo comma, n. 10), della Legge 23 aprile 1981 n. 154 (che nulla prevedeva in materia di ineleggibilità del Presidente della Giunta regionale, dopo due mandati consecutivi).
La Legge 2 luglio 2004 n. 165, infatti, si è limitata a legiferare per principi e non include disposizioni di dettaglio autoapplicative. Non si può, quindi, conoscere l’assetto della legislazione in materia di sistema elettorale, incompatibilità ed ineleggibilità dei consiglieri regionali, nonché dei membri delle Giunte, prima che le Regioni legiferino in proposito. Ma solo alcune Regioni lo hanno fatto, fra cui il Lazio, come si è visto, sotto altro profilo, in relazione alla vicenda della presentazione delle liste per la provincia di Roma.
In conclusione, allo stato, non esiste per Formigoni (e per Errani) alcuna causa di ineleggibilità.

(articolo pubblicato sul quotidiano "La Cronaca" nell'aprile 2010)

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