venerdì 24 settembre 2010

“O ITALIANI, IO VI ESORTO ALLE STORIE ...”

“O Italiani, io vi esorto alle storie...”. Così, quasi duecento anni fa, il 22 gennaio 1809, prendendo la parola in un'aula dell'Università di Pavia, che ancor oggi porta il suo nome, ammoniva Ugo Foscolo, nella sua celebre orazione inaugurale della cattedra di eloquenza da lui ricoperta, conosciuta con il titolo “Dell'origine e dell'ufficio della letteratura”.
Eppure, a distanza di due secoli, l'appello del Poeta è ancora inascoltato, pur essendo pregno di un'inattesa e singolare attualità.
Perdura, infatti, la peculiare caratteristica italiana dell'incapacità di scrivere una storia patria condivisa, che non sia solo la storia dei vincitori. Anzi tale caratteristica emerge con prepotenza anche quando si tratta di compiere banali scelte toponomastiche.
Ma la storia viene, ed è ancora più grave, usata sulla scena, politica e culturale, come strumento per sostenere battaglie, politiche e culturali, di attualità, non certo per capire, alla luce dell'insegnamento del passato, i processi politici, sociali, economici del mondo di oggi.
In questa chiave, sovente i fatti diventano irrilevanti, rispetto all'interpretazione che, dei fatti stessi, si vuole offrire.
Ad esempio, su “La Repubblica” del 3 settembre 2008, è stato pubblicato, nelle pagine culturali, un ampio servizio dal titolo “La nuova Yalta. I potenti di oggi e le sfere di influenza”, che ricorda come “il famoso vertice di Crimea durò dal 4 all'11 settembre 1945”.
Intendimento dell'articolista (che è un noto studioso di politica internazionale) è quello di dimostrare come la politica delle sfere di influenza e la divisione del mondo in blocchi, sostanzialmente finita con la caduta del muro di Berlino il 9 novembre 1989, stia ritornando, dopo l'invasione della Georgia da parte della Russia, proprio in concomitanza con l'anniversario della conferenza di Yalta.
Non sono in grado di affermare se la tesi sostenuta nell'articolo sia o meno condivisibile, anche se il mondo di oggi appare, almeno ad un esame superficiale, molto diverso da quello dell'epoca della guerra fredda.
Ma devo dire che i fatti indubitabilmente sono diversi da come “La Repubblica” li propone ai propri lettori.
Churchill, Roosevelt e Stalin non poterono, infatti, incontrarsi a Yalta dal 4 all'11 settembre 1945, per spartirsi il mondo (un altro dei luoghi comuni della storia contemporanea). Roosevelt, infatti, era morto il 12 aprile 1945, mentre era in vacanza a Warm Springs, in Georgia (lo stato americano, non la repubblica caucasica). Churchill, dal canto suo, avendo perduto le elezioni generali tenutesi in Gran Bretagna il 5 luglio 1945, era stato sostituito, nella carica di Primo ministro, dal laburista Clement Attlee.
Neppure Stalin poteva impegnarsi, come si legge nell'articolo, ad entrare in guerra con il Giappone, dato che, il 2 settembre 1945, a bordo della corazzata americana “Missouri”, al largo di Tokyo, il Ministro degli esteri nipponico Shigemitsu aveva firmato la resa del Giappone a nome dell'Imperatore.
Neppure Stalin poteva consentire, come ancora dice “La Repubblica”, dal 4 all'11 settembre 1945, alla costituzione dell'ONU, in quanto la Conferenza di fondazione delle Nazioni Unite già si era tenuta a San Francisco il 26 giugno 1945.
La conferenza di Yalta, in realtà, si era svolta sette mesi prima, dal 4 all'11 febbraio 1945, quando Roosevelt, anche se gravemente malato, era ancora vivo, quando Churchill era ancora saldamente in carica come Primo ministro britannico e la guerra contro il Giappone era ancora ben lungi dall'essere terminata (le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, che risolsero il conflitto, furono lanciate rispettivamente il 6 ed il 9 agosto 1945). Neppure, in quel momento, si era conclusa la guerra sul teatro europeo (che sarebbe terminata tra gli ultimi giorni di aprile ed i primi di maggio), cosicchè era logico che i tre “grandi” discutessero del futuro dell'Europa liberata dai nazisti.
Fra l'altro, dopo Yalta, si tenne un ulteriore vertice interalleato, a Potsdam, in Germania, dal 17 luglio al 2 agosto 1945, cui parteciparono, oltre a Stalin, il nuovo Presidente americano Truman ed Attlee il Primo ministro britannico succeduto a Churchill.
La commemorazione di Yalta da parte del quotidiano “La Repubblica”, palesemente fuori stagione (ed i lettori mi perdoneranno se mi sono dilungato su di essa), sta a dimostrare come un'interpretazione ideologica della storia, che, slegata dai fatti, vuole dimostrare una tesi, rischia di affogare nel ridicolo, piuttosto che essere, come dicevano i latini, “magistra vitae”.
E' ben vero che, come è stato affermato da più parti, senza memoria non si può progettare il futuro, ma è altrettanto vero che, senza i fatti, non vi è memoria, ma una ricostruzione fantastica del passato.

(articolo pubblicato sul quotidiano "La Cronaca" nell'ottobre 2008)

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