mercoledì 15 settembre 2010

IL CANTIERE DI CORSO GARIBALDI: RESPONSABILITA' E DANNI

I lavori del cantiere per il rifacimento di Corso Garibaldi stanno procedendo con grande rapidità ed è prevedibile che si concludano con largo anticipo rispetto ai tempi originariamente ipotizzati.
Si sono anche smorzate le polemiche che avevano accompagnato, nello scorso mese di febbraio, l’apertura del cantiere, che, impedendo la circolazione dei veicoli e rendendo difficoltoso il transito dei pedoni, aveva messo in crisi gran parte degli esercizi commerciali della zona.
La reazione di molti, fra cui i commercianti interessati, è stata rozza ma, secondo il comune sentire, ineccepibile: il Comune, con la chiusura di Corso Garibaldi per i lavori, ha provocato un grave pregiudizio, determinato da una drastica riduzione degli incassi dei negozi; il Comune deve quindi risarcire il danno.
Il problema, in realtà, non è così semplice.
Ora che le polemiche si sono calmate, proverò ad affrontarlo, sia pure per brevi cenni.
Nel nostro sistema, la responsabilità civile è responsabilità da fatto illecito.
L’articolo 2043 del codice civile prevede, infatti, che “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.
Presupposto della responsabilità civile è, quindi, che il fatto dannoso sia doloso (commesso, cioè, con la specifica volontà di nuocere) o colposo (derivi, cioè, da negligenza, imprudenza, imperizia, inosservanza di leggi, regolamenti o discipline).
Nel caso concreto, un comportamento doloso del Comune di Cremona è assolutamente inconcepibile, non essendo ipotizzabile, neppure per scherzo, che i lavori siano stati programmati al preciso scopo di danneggiare i commercianti di Corso Garibaldi.
Ma neppure pare che possa essere riferibile al Comune un comportamento colposo: non risulta, infatti, in alcun modo, che l’organizzazione dei lavori sia stata effettuata in modo negligente, imprudente, imperito e che da tale comportamento sia derivato un danno ai commercianti, in forza di un preciso nesso di causalità.
E’ ben vero che, a seguito della notissima sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 22 luglio 1999 n. 500, sussiste oggi la responsabilità della Pubblica amministrazione per i danni eventualmente derivanti da atti amministrativi illegittimi, ma è altrettanto vero che gli atti con i quali il Comune ha disposto i lavori in Corso Garibaldi non sono mai stati dichiarati illegittimi dal Giudice amministrativo e che, in ogni caso, tali atti sono ormai divenuti inoppugnabili, non essendo mai stati impugnati nel termine perentorio previsto dalla legge.
Tuttavia, secondo la dottrina e la giurisprudenza, può configurarsi anche una responsabilità da fatto lecito, che si ha quando la legge, in relazione a determinati comportamenti, che non sono né dolosi né colposi, preveda particolari forme di indennizzo.
Ad esempio, è stato ritenuto che qualora la Pubblica amministrazione, nell’esercizio di una attività lecita (come quella costituita dalla realizzazione di un’opera pubblica) abbia cagionato ad un privato un danno di carattere permanente, ai sensi dell’articolo 46 della Legge 25 giugno 1865 n. 2359, il soggetto danneggiato è legittimato a richiedere un indennizzo in relazione all’effettivo pregiudizio subito. In questo consiste, pertanto, l’ipotesi dall’atto lecito dannoso.
La norma, invero piuttosto risalente, così dispone: “E’ dovuta una indennità ai proprietari dei fondi, i quali dall’esecuzione dell’opera di pubblica utilità vengano gravati di servitù, o vengano a soffrire un danno permanente derivante dalla perdita o dalla diminuzione di un diritto”.
In forza di tale disposizione legislativa, la Corte di Cassazione ha così ritenuto: “La P.A., la quale, modificando le condizioni di una pubblica strada, sia pure per ragioni di interesse generale, elevi o abbassi il suolo stradale in modo da rendere l’accesso ai fabbricati in relazione alla loro destinazione sensibilmente più difficoltoso e meno agevole, ovvero venga di riflesso ad imporre a carico dei fondi latistanti oneri diversi, è tenuta ad indennizzare il privato che dalle dette modificazioni venga leso: ciò in base al principio generale contenuto nell’art. 46 della legge sull’espropriazione per pubblica utilità, dovendo ricondursi a tale norma, con criteri di analogia, tutte le ipotesi di danno permanente alle private proprietà immobiliari, legato all’opera pubblica da un nesso di causalità obiettiva” (Cass., 2 aprile 2001, n. 4790).
L’articolo 46, in ogni caso, è stato abrogato dal nuovo Testo unico sull’espropriazione (D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327), il cui articolo 44, tuttavia, contiene una norma simile a quella soppressa: “E’ dovuta una indennità al proprietario del fondo che, dalla esecuzione dell’opera pubblica o di pubblica utilità, sia gravato da una servitù o subisca una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà”.
Ma è sufficiente una rapidissima riflessione per capire che tali norme (l’articolo 46 prima, e l’articolo 44 ora) non sono in grado di risolvere il problema dei commercianti di Corso Garibaldi.
Questi ultimi hanno indubitabilmente subito un danno (che può essere facilmente provato con la diminuzione del volume d’affari ai fini IVA); ma si tratta, è di tutta evidenza, di un danno temporaneo e non permanente.
In conclusione, mi pare assai difficile, se non impossibile, ipotizzare una responsabilità del Comune per la chiusura al traffico di Corso Garibaldi a seguito del cantiere.
Vi sarà, al più, responsabilità politica. Qualcuno, infatti, ha detto scherzosamente che la Giunta comunale, in Corso Garibaldi, ha trovato il suo Vietnam (chiudere per mesi e mesi un’arteria come Corso Garibaldi non è certo uno scherzo).
Ma questo, ovviamente, è altro discorso, di tipo politico e non giuridico, al quale intendo rimanere estraneo.


(articolo pubblicato su "La Cronaca" nell'ottobre 2007)

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